La tradizione dei falò di San Giuseppe

Dall’estremo nord al sud della penisola, i falò di San Giuseppe sono numerosi, ognuno con le proprie tradizioni e riti.

Il falò fa parte di un rituale di purificazione e consacrazione. In molte regioni dell’Europa continentale, sono tradizionalmente accesi in occasione di alcune festività religiose cristiane.

In Italia, tuttavia, si sa che ogni festività religiosa si intreccia magicamente con qualche rito pagano che si protrae ancora oggi nonostante gli anni. Così, il 19 marzo in molte città e paesi d’Italia si festeggia anche la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, e il falò è il simbolo di questo tanto atteso passaggio.

Il falò di San Giuseppe fa parte di un rituale di purificazione e consacrazione. Solitamente, in questo enorme fuoco controllato, viene bruciato un fantoccio che assume le sembianze di un vecchio o una vecchia, simboleggiando l’inverno. Bruciando il fantoccio, si dice addio alla stagione fredda e si accoglie l’inizio della primavera.

Sono enormi falò in cui si brucia, insieme alla legna, tutto il negativo dell’inverno. Giovani ed adulti raccolgono i “ceppi” dai campi, ovvero i rami degli ulivi o le parti tagliate delle viti e li accendono per propiziare una buona annata di olio e vino.

falò di San Giuseppe
Falò di San Giuseppe presso Tito (Potenza)

Ma non solo l’ulivo è l’albero propiziatorio, in alcuni paesi si bruciano rami di pino, leccio o addirittura ginestre. In sintesi, è un’usanza ancora molto diffusa oggi, in cui la tradizione si fonde con la modernità degli eventi, senza perdere la magia del rito del falò devozionale, simbolo di purificazione e di buon auspicio per un’annata rigogliosa nei campi.

Al prossimo falò non dimenticate di gettare un ramo di ulivo nel fuoco, come segno di buon auspicio per l’inizio della bella stagione.

R.

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Sian pur meravigliose le leggende, vere il poeta con arte le rende. -- GOETHE
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